Noi europei, e in particolare noi italiani, non riusciamo più a leggere gli avvenimenti se non con gli occhi dell’economia. Perciò ci sembra folle la guerra dichiarata da Putin all’Ucraina, non solo perché sta mietendo migliaia di vittime tra gli aggrediti e tra gli aggressori, ma anche perché ha avuto come risultato immediato l’ulteriore indebolimento della già dissestata economia russa, lo spostamento dell’approvvigionamento di gas e petrolio verso gli Usa e i suoi alleati, l’escalation del riarmo europeo anch’esso a beneficio dei produttori americani.
Chi glielo ha fatto fare al leader del Cremlino? Se anche dovesse conquistare il Donbass sarebbe una vittoria di Pirro, che avrebbe avuto il merito solo di scavare una faglia forse invalicabile con l’Occidente, primo cliente della Russia.
Questo modo di giudicare l’invasione trascura però gli elementi che noi derubrichiamo a retorica, ma che in realtà costituiscono i motivi e i moventi che muovono ancora oggi i popoli. Come si può altrimenti spiegare il culmine di popolarità che ha raggiunto Putin in patria?
Lo zar di San Pietroburgo è riuscito a dare alla Russia una missione che la riporta da protagonista nel presente. Come ha detto Kirill Hovorun, egli ha ridato a una nazione che era diventata “un grosso distributore di gas” un nuovo progetto imperiale, ispirato in ciò dalla Chiesa Ortodossa guidata dal patriarca di Mosca Kirill. Un percorso che si è compiuto parallelamente all’indebolimento dell’ideologia imperiale americana, che negli ultimi vent’anni aveva subito colpi micidiali, culminati nella fuga da Kabul, nell’agosto 2021.
Quando il 24 febbraio 2022 il programma del Russky mir (Mondo russo) è diventato guerra si è svelato il suo volto “sacrilego”, come ha detto papa Francesco. Se il destino di una nazione ha bisogno di sacrifici umani per affermarsi, come si è visto a Bucha e in molti altri luoghi di questa terribile guerra, vuol dire che esso si gioca su un terreno che trascende la storia che gli uomini possono agire. Si affida a un potere più forte di quello delle armi, e che difficilmente può essere vinto con le armi, quello che Gesù definì “il potere delle tenebre”. Un potere che avvelena tutti: chi vince e chi perde la guerra, ma anche chi, come noi, la guarda (papa Francesco).
Per questo la modalità più adeguata e ragionevole per battere questo “sacrilegio” è svelarne l’ambiguità e porre dei gesti veramente “sacri”. La resistenza ucraina va sostenuta in tutti i modi, ma finché non si sarà disarmata l’ideologia che ha reso religione la volontà di potenza della propria nazione, della propria etnia, del proprio gruppo, della propria confessione, non terminerà questa lunga guerra mondiale a pezzi.