Dimensione spirituale assente, proposta di un amore solo immanente, tematiche affrontate in modo svincolato dalla fede, deismo vago, si dà più valore alla fraternità che a Cristo stesso, impostazione massonica… sono alcune delle accuse avanzate all’ultima enciclica di Papa Francesco, che possono in qualche modo essere ricondotte ad un filone critico secondo il quale Bergoglio, pur con buone intenzioni, proporrebbe un amore meramente orizzontale, ed avrebbe elaborato un documento poco “cristiano”.
Eppure, scorrendo la Fratelli tutti, tali interpretazioni ci risultano un po’ strette, se non forzate; pensiamo soprattutto all’ultimo capitolo. “Senza un’apertura al Padre di tutti – vi si legge –, non ci possono essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità” (272); colpiscono anche i riferimenti ai due predecessori: “la ragione da sola non riesce a fondare la fraternità” (Benedetto XVI, Caritas in veritate), “se non esiste una verità trascendente non esiste nessun principio sicuro che garantisca giusti rapporti tra gli uomini” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus).
E, ancora: “come credenti ci vediamo provocati a tornare alle nostre fonti per concentrarci sull’essenziale: l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo” (282).
Fino alle intense preghiere finali, la Preghiera al Creatore e la Preghiera cristiana ecumenica, attraverso le quali il Papa, per tutti noi, chiede all’Origine la capacità di fraternità.