“Le tenebre e la speranza”, il commento di Giuseppe Genna alla “Fratelli tutti” di Papa Francesco “Le tenebre e la speranza” (L’Espresso, 11 ottobre 2020) è il più vibrante e umano fra gli articoli scritti sulla Fratelli tutti.
Genna parte da sé, “non sono battezzato”, e si pone di fronte alle parole del papa definendo la Fratelli tutti “l’enciclica più acuminata e ambigua”. Perché? Un laico, dice, può capirla perché è orizzontale. Muta la dottrina sociale della chiesa, parla dei nazionalismi e dei populismi e arriva al virus affermando che non è un castigo. Il mistero si oppone all’ordinario e lo colma di desiderio.
Sparisce Dio? È un orizzonte troppo umano? No, si può partire proprio dalla disperazione del Getsemani, da quel buio, per arrivare agli scarti degli uomini, un urlo di Münch emesso dal mondo e con il mondo. Francesco attraversa lo scisma fra singolo e comunità, discende agli inferi, e la realtà stessa si ribella “sono le lacrime delle cose mortali”, come dice Virgilio. Da questo buio Francesco riemerge con un quadro di valori e di azioni, al centro la Carità. Genna cita Eloi Leclerc: “Solo l’uomo che accetta di avvicinarsi alle altre persone nel loro stesso movimento, non per trattenerle nel proprio, ma per aiutarle ad essere maggiormente se stesse, si fa padre”.
Il padre non è altro dal fratello, qui il papa passa da un’era ad un un’altra, “al culmine della prima paura totalmente planetaria”.